Mercoledì 24 ottobre, negli spazi di 10 WATT Milano (dalle 10 alle 14 in Via Giacomo Watt, 10), ci sarà la presentazione della nuova strategia digitale intrapresa dal Gruppo Assicurativo Amissima: un nuovo sito internet, una nuova immagine grafica della Compagnia, servizi digitali integrati, strategie di digital marketing e una nuova campagna pubblicitaria.
“Together online” è il nome dell’evento a cui parteciperà il management di Amissima al completo e un gruppo selezionato di agenti. L’intera rete agenziale potrà comunque scoprire la nuova identità digitale dell’azienda grazie alla diretta streaming e partecipare a un momento particolarmente importante per la Compagnia, dinamico e ricco di contenuti.
“Siamo soddisfatti del lavoro fatto – ha dichiarato Paolo Rossetti, Responsabile Marketing del Gruppo – abbiamo intrapreso un ampio processo di digitalizzazione dando una nuova immagine all’azienda e sviluppando una serie di servizi utili dedicati alla nostra rete di agenti sul territorio. Gli intermediari sono l’elemento centrale nello sviluppo del nostro business, per questo motivo abbiamo pensato di implementare per loro una serie di supporti per la gestione delle pagine internet delle singole agenzie e per le attività di digital marketing correlate ai social network che saranno integrate con il nuovo portale”.
L’Amministratore delegato Alessandro Santoliquido aprirà “Together online”. Al suo intervento seguiranno gli speech del Direttore Commerciale Antonio Scognamillo e del Direttore Vendite Riccardo Riccardi che approfondiranno l’impostazione strategica digitale della Compagnia.
Il team di Talenti Group proseguirà esplorando il tema della centralità del modello di business e del marketing integrato per il successo delle organizzazioni (Andrea Frausin) e con approfondimenti tecnici ed operativi (Manolo Macchetta ed Alessandro Banelli) mentre l’aspetto del Corporate e Personal Brand verrà trattato da Carmelo Spinella (partner strategico di Talenti Group).
Il tutto sotto la supervisione ed indirizzo del Responsabile Marketing Amissima, Paolo Rossetti.
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Studio Coface sulle imprese in Cina: i ritardi di pagamento aumenteranno ulteriormente a causa del COVID-19
9 mesi agoIn Cina, in un contesto di attività economica debole a causa della crisi sanitaria, l’ultimo studio Coface sul comportamento di pagamento delle imprese cinesi evidenzia un forte deterioramento dei pagamenti
Il 66% delle imprese intervistate ha dichiarato ritardi di pagamento nel 2019. Nel 2019, la durata dei tempi di pagamento è rimasta stabile a 86 giorni. Tuttavia, i settori maggiormente colpiti dalle misure di confinamento dovranno posticipare i pagamenti per poter sopravvivere nel 2020 e di conseguenza il numero delle insolvenze d’impresa è destinato ad aumentare.
Ritardi di pagamento: le imprese cinesi si preparano a un 2020 molto più difficile, poiché in alcuni settori si accumulano i rischi di liquidità.
La crescita in Cina crollerà all’1,0%, il livello più basso da 30 anni. Tenuto conto della correlazione storica tra attività economica e ritardi di pagamento, si prevede un aumento dei ritardi nel 2020.
Mentre i tempi di pagamento medi sono rimasti stabili a 86 giorni nel 2019, la percentuale di rispondenti che offrono termini medi superiori a 120 giorni è quasi raddoppiata in due anni, passando dal 12% nel 2017 al 23% nel 2019. In pratica, il 50% delle imprese intervistate ha offerto termini di pagamento superiori a 120 giorni.In Cina, anche i ritardi di pagamento hanno subito un peggioramento nel 2019: la percentuale di imprese che ha registrato ritardi di pagamento superiori a 120 giorni ha raggiunto infatti il 37% nel 2019, ovvero 6 punti in più rispetto al 2018. Inoltre, più di un quarto delle imprese (27%) ha dichiarato ritardi di pagamento prolungati (oltre i 180 giorni) il cui ammontare supera il 10% del loro fatturato annuo. Quando questi volumi incidono in misura rilevante sul fatturato annuo, la liquidità di un’impresa può essere a rischio, aspetto preoccupante in caso di shock esogeni come nel caso del COVID-19.
Settori con il più alto rischio di insolvenza: costruzioni, trasporti, energia, automotive e TIC
Si prevede un incremento di default delle obbligazioni delle imprese e di insolvenze nei settori che hanno assistito ad un accumulo dei rischi di liquidità nel 2019. I settori in cui è più elevata la percentuale di ritardi prolungati (il cui ammontare supera il 10% del loro fatturato annuo) sono le costruzioni (30%), i trasporti (30%), l’energia (29%) e l’auto (28%). In seguito ai problemi causati dalla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, il settore delle TIC – tecnologie della comunicazione e dell’informazione – ha registrato l’incremento più forte dei tempi di pagamento (+12 giorni) raggiungendo i 102 giorni. Tutti i settori sono esposti a questi rischi, ma quelli entrati nella crisi in posizione di forza, con una liquidità sufficiente, hanno maggiori possibilità di restare in attività.In effetti, le imprese potrebbero trovarsi in una posizione più debole rispetto all’anno scorso per resistere all’impatto dello shock del COVID-19: il 40% ha dichiarato di non essersi servito di strumenti di gestione del credito per limitare i rischi di liquidità nel 2019, mentre soltanto il 17% ha fatto ricorso all’assicurazione del credito.
Nota: lo studio 2020 di Coface sui pagamenti delle imprese ha interessato oltre 1.000 imprese in Cina; i dati sono stati compilati nel quarto trimestre 2019, pertanto i numeri non tengono conto dell’impatto dell’epidemia da COVID-19 sull’economia cinese.
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Un’industria in radicale trasformazione
3 anni agoSalute, previdenza e disastri naturali. È in questi tre ambiti che, per il presidente dell’Ivass, le compagnie possono trovare le opportunità per rinnovare il loro modello di business. E darsi un ruolo forte nello sviluppo del Paese.
Negli ultimi dieci anni è andata crescendo, a livello mondiale, l’attenzione riservata al ruolo dell’industria assicurativa nell’architettura complessiva del sistema finanziario, ridisegnato dopo gli esiti catastrofi ci della crisi del 2007/2008. Un’attenzione che, naturalmente, riguarda anche il mercato italiano.
[auth href=”http://www.newinsurance.it/registrati/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]Non a caso qualche mese fa Salvatore Rossi, nella sua qualità di presidente dell’Ivass (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni), nel corso di un convegno promosso dall’Associazione nazionale per lo studio dei problemi del credito, affermava: «Le assicurazioni sono un attore fondamentale nell’economia di qualunque Paese avanzato.
Anche le imprese assicurative possono e debbono dare il loro contributo alla crescita economica, innanzitutto facendo il loro lavoro tipico che è quello di ridurre efficientemente i rischi degli attori economici».
Gli ultimi dati ufficiali di questa industria riferiti al contesto italiano del 2016 consegnano l’immagine di un settore con una raccolta (premi pagati) in arretramento dell’8,7% rispetto all’anno precedente (da 147 a 134 miliardi) con
investimenti complessivamente superiori agli 810 miliardi e fortemente concentrati nei titoli governativi (360 miliardi, pari al 44% del totale) con utili che sfiorano i 6 miliardi (quasi stazionari rispetto al 2015) e con un rendimento di capitale dell’8,6%.
Altro aspetto importante da sottolineare è la solidità patrimoniale di questa industria, come in più occasioni ha ricordato Stefano De Polis, nuovo segretario generale dell’Ivass, «con un Solvency 2 ratio pari al doppio rispetto ai requisiti regolamentari». Un aspetto certamente rassicurante, confermato dagli esiti degli stress test dell’istituto di vigilanza europeo, Eiopa. Partendo da questa foto d’insieme, occorre fare una precisazione per una valutazione complessiva adeguata di questa industria. Il calo dei premi è sicuramente dovuto al concorso di due cause: da un lato il calo dell’11% del comparto vita, concentrato in particolare nelle polizze a carattere finanziario (ma il 2017 potrebbe segnare un’inversione significativa di tendenza in questa area specifica). Dall’altro lato, si segnala un andamento negativo dell’Rc auto che, peraltro, non va accolto negativamente, essendo dipeso da una diminuzione dei prezzi, elemento di criticità a nostro sfavore nei raffronti internazionali.
Con un prezzo medio della polizza superiore ancora di 140 euro a quello di Francia, Germania e Spagna, anche se il divario risulta in ulteriore contrazione (oltre 260 nel 2011 e poco meno di 190 nel 2015).
Proiettandosi al futuro prossimo sono due i fattori su cui si concentra l’attenzione del management dell’industria assicurativa nazionale e internazionale e che rappresentano per loro altrettante sfide: il livello dei tassi di interesse decisamente basso di questi ultimi anni post crisi e l’innovazione tecnologica Certamente il primo elemento, in presenza di una politica di grande moderazione portata avanti, sia pure con modalità diverse sulle due sponde dell’Atlantico, schiude scenari in cui per vincere questa sfida non sono da escludere nuovi prodotti assicurativi, quali quelli che prevedono soglie di rendimento garantito più contenute da affiancare ai tradizionali prodotti con garanzia di restituzione integrale del capitale e rendimento minimo garantito. Il futuro prossimo
ci mostrerà chi anche in Italia con maggiore tempestività avrà saputo imboccare questa strada di nuove opportunità.
Quanto all’innovazione tecnologica, che così profonde trasformazioni ha già imposto al modello di business bancario nel nostro Paese, c’è da attendersi una vera e propria rivoluzione anche nel comparto comparto assicurativo. Come, infatti, non tenere conto della prorompente avanzata dell’innovazione tecnologia nei processi interni delle compagnie, del suo impatto nei sistemi di distribuzione, ma anche e soprattutto nella creazione di nuovi prodotti in relazione alla formazione di nuovi emergenti bisogni assicurativi?
È un interrogativo al quale l’industria assicurativa fornirà una risposta molteplice a seconda delle caratteristiche e delle dimensioni delle singole compagnie, ma che avrà come risultato finale una trasformazione profonda del modello di business assicurativo nel nostro Paese. Con la conseguenza di renderlo probabilmente assai più competitivo rispetto ai livelli attuali che ancora non ci situano in posizioni brillanti nei confronti internazionali. In questo scenario di nuove sfide che attendono le compagnie assicurative nazionali si profilano nuove tipologie di rischio, operativo, legale e reputazionale e sicuramente aumenta la concorrenza di soggetti particolarmente dotati sul piano tecnologico, ma diversi dalle tradizionali compagnie assicurative.
A fronte di questo scenario dagli elementi per certi versi inquietanti e comunque prodromico di nuovi equilibri, esiste un versante positivo di nuove opportunità da poter esplorare e cogliere da parte delle compagnie assicurative. In questo senso non mancano delle indicazioni utili da seguire, come nel caso del percorso delineato da Salvatore Rossi, quando, rimarcando che non si tratta di inventarsi inventarsi nuove competenze, quali quelle richieste per l’erogazione del credito alla clientela, fornisce spunti per aprirsi a nuovi ambiti operativi
con spirito di innovazione imprenditoriale.
Tre sono gli ambiti citati dal presidente dell’Ivass: salute, previdenza e disastri naturali; a dimostrazione di come la ricerca di nuove opportunità di business assicurativo non solo si possa tradurre in occasioni profittevolmente
allettanti per le singole compagnie, ma possa tradursi anche in un potente motore di sviluppo del paese, coinvolgendo nel loro complesso famiglie e imprese.
Partendo dal primo ambito, la salute, si accende un faro sulla situazione decisamente variegata del sistema sanitario pubblico, in cui, accanto a picchi di assoluta eccellenza, vi sono aspetti di bassa qualità delle prestazioni e difficoltà finanziarie rimarchevoli. Le assicurazioni in questo settore importante anche per l’economia del Paese (la spesa sanitaria ormai viaggi sui 150 miliardi di euro) possono contribuire a migliorare l’assetto complessivo della sanità privata con formule assicurative calibrate. Un esempio: nel caso socialmente
sempre più rilevante degli anziani non più autosufficienti, si potrebbe cominciare a pensare dall’età lavorativa a questo problema, «includendo l’assicurazione del rischio di non autosufficienza fra le materie oggetto di contrattazione collettiva».
Un secondo esempio, sempre nel campo della sanità, può essere quello dell’assicurazione dai danni causati da errori medici; un aspetto divenuto di ancor maggiore attualità alla luce dell’approvazione della legge 24 dello scorso marzo sulla sicurezza delle cure e della responsabilità professionale del personale sanitario. Quanto alla previdenza, stante la situazione del primo pilastro della previdenza pubblica obbligatoria, con una evidente riduzione delle prestazioni pensionistiche, e un secondo pilastro contrassegnato da risorse gestite da fondi negoziali e aperti di cui un quarto gestiti da compagnie assicurative operanti comunque in concorrenza con altri
intermediari, l’attenzione delle compagnie assicurative andrebbe riservata al terzo pilastro, quello dei piani individuali pensionistici con contratti che possono essere stipulati direttamente dal lavoratore.
Uno strumento dalle potenzialità interessanti, ma in parte inespresse; e il cui ruolo potrà essere validamente valorizzato da una più ampia diffusione di conoscenze finanziarie nell’ambito di un piano nazionale di educazione finanziaria, così come previsto dalla disposizione normativa di inizio anno e da quella successiva dello scorso agosto che hanno istituto il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, nominandone, poi, i relativi componenti.
C’è, infine, il delicato capitolo dei disastri naturali, che vede esperienze già diffuse di assicurazione su base obbligatoria in alcuni Paesi, come la Turchia, la Francia e la Nuova Zelanda. Un ambito in cui in Italia, invece, non è previsto alcun ruolo per il settore pubblico, nonostante l’esperienza significativamente tragica di dieci terremoti devastanti registrati negli ultimi 50 anni.
Su questo specifico fronte, nota il presidente dell’Ivass «vi è grande disparità nei rischi di disastri naturali sul territorio, sicché i premi assicurativi calcolati sulla base del rischio sono molto variabili».
In assenza di una assicurazione obbligatoria, che suscita non poche perplessità in un Paese come il nostro in cui anche «l’assicurazione obbligatoria sui veicoli viene vissuta come una tassa», la necessità di trovare una soluzione che accontenti i soggetti coinvolti, lo Stato, gli abitanti delle zone a maggior rischio, quelle delle zone a minor rischio e le compagnie assicuratrici, forse può essere trovata sul versante della prevenzione.
La soluzione individuata da Rossi, articolata in un sussidio statale a investimenti obbligatori per tutti in dotazioni antisismiche e antialluvionali con una riduzione dei premi assicurativi, potrebbe evidenziare vantaggi significativi
per i diversi soggetti coinvolti. Una soluzione di collaborazione pubblico-privato che naturalmente dovrebbe trovare la propria collocazione in un’adeguata cornice normativa, stabilendo modalità di intervento alla luce di stime appropriate sui costi per la collettività e per i singoli cittadini.
Come si vede, in defi nitiva, gli esempi di nuove opportunità su cui si è soffermato Salvatore Rossi rappresentano tre sfide avvincenti per rinnovare il modello di business assicurativo italiano, ma anche altrettante occasioni per permettere al Paese di non sfigurare nei raffronti internazionali di settore, contribuendo a promuovere nello stesso tempo il suo sviluppo economico e sociale.[/auth]
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Coface: la fotografia sui pagamenti delle imprese turche
1 anno agoStudio 2019 sui pagamenti in Turchia: migliora la fotografia dei ritardi ma le imprese sono ancora caute sulle prospettive economiche.
Dopo la recessione del secondo semestre 2018, il settore privato resta cautoIl peggioramento della liquidità delle imprese turche ha subito un rallentamento, infatti sono sempre meno le imprese che risentono di problemi di pagamento nel Paese. Nel 2019, il ritardo medio di pagamento concesso dalle imprese turche ai propri clienti, ha raggiunto circa gli 85 giorni sul mercato domestico e 69 giorni sui mercati d’esportazione (contro i 108 giorni nel 2017).
A livello internazionale i ritardi di pagamento restano lunghi. Le imprese stanno gradualmente modificando i termini di fatturazione ai clienti. In Turchia, solo il 40% delle imprese richiede ai propri clienti all’esportazione che i pagamenti siano effettuati entro 60 giorni. Un ratio basso che nel mercato interno ha raggiunto il 33%.
La mancanza di liquidità dei clienti nazionali e la concorrenza sui mercati d’esportazione sono tra i principali fattori chiave che spingono le imprese a vendere a termine. Malgrado un recente miglioramento, il credito rimane un problema per le imprese turche.Quanto alle previsioni future sull’esperienza di pagamento, le imprese sembrano avere un punto di vista prudente. Il 46% delle imprese intervistate si aspetta un prolungamento dei ritardi di pagamento sul mercato domestico nel 2020, mentre il 45% prospetta ritardi più lunghi sul mercato all’esportazione. Questi ratio sono comunque molto vicini per coloro che prevedono una situazione stabile dei ritardi di pagamento sul mercato interno (45 %) e all’esportazione (44 %).
Le imprese restano caute sulle prospettive economiche, soprattutto nei settori della carta, della farmaceutica, dei metalli e delle costruzioni
Negli ultimi due anni, i ritardi di pagamento delle imprese turche sono diminuiti: in media 41 giorni sul mercato domestico e 58 giorni per le vendite all’ esportazione. Nel caso in cui non si riescono ad incassare i crediti sul mercato interno, il 40% delle imprese copre la perdita con risorse proprie mentre il 28% si orienta verso prestiti bancari. Più di un terzo delle imprese (37%) chiede ai propri clienti un acconto. Per le imprese turche, il ricorso all’ assicurazione dei crediti non è un processo automatico, malgrado la sua importanza sia ben conosciuta dalla maggioranza (62%). Solamente il 26% utilizza la copertura crediti come prevenzione del mancato pagamento da parte dei propri clienti.
Malgrado la recente ripresa dell’attività economica, numerose imprese (44%) prevedono un nuovo peggioramento delle condizioni economiche nel 2020. La carta, i prodotti farmaceutici, i metalli e le costruzioni sono tra i settori più colpiti. Le condizioni più difficili di accesso ai finanziamenti e la riduzione della domanda interna sono tra i fattori che pesano sulla capacità di pagamento delle imprese. Nonostante queste sfide, la volontà di nuovi investimenti nel 2020 rimane elevata per alcuni settori come l’industria farmaceutica e agroalimentare. Quanto alle esportazioni, le imprese del settore automobilistico sembrano relativamente più caute, con circa il 20% che dichiara un calo delle aspettative sulle entrate all’esportazione per il 2020, superiore alla media dello studio del 9%.“Ancora una volta, la Turchia prospetta una situazione complessa ma, allo stesso tempo, molto interessante”, sottolinea Ernesto De Martinis, CEO di Coface in Italia e Head of Strategy Regione Mediterraneo & Africa. “Al miglioramento dei ritardi di pagamento domestici si contrappongono, infatti, termini di pagamento prolungati nell’ambito internazionale, con conseguenti problemi di liquidità. Mentre ci si attende una certa stabilità nei ritardi di pagamento, inoltre, le imprese dimostrano allo stesso tempo scarsa positività sul contesto macro-economico dei prossimi mesi – sia a livello interno sia a livello di commercio estero – con pochi settori che potrebbero emergere grazie a nuovi, possibili investimenti, come l’agro-alimentare ed il farmaceutico.” conclude De Martinis.
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