Da assicuratori a consulenti di rischio per il segmento Pmi

Come colmare il protection gap delle piccole e medie imprese e raggiungere i livelli medi degli altri paesi europei sfruttando le opportunità di evoluzione per l’industria assicurativa digital e data driven

Il segmento delle piccole e medie imprese (Pmi) è, nono-stante la sua rilevanza in termini di numero di aziende, fatturato e quota di occupati, alquanto trascurato dal punto di vista assicurativo. I dati Ania mostrano che l’Italia, con circa 17 miliardi di premi sui rami danni (escluso il motor), ha un rapporto premi/Pil pari a circa l’1% e si colloca come fanalino di coda tra i principali Paesi europei, che si attestano su una media del 2,6%. I premi del segmento imprese (corporate e Pmi) valgono, secondo stime Ania, il 50% del totale. In questo scenario è verosimile pensare che le grandi imprese, con una gestione strutturata e dipartimenti di risk management dedicati all’analisi dei rischi, siano anche maggiormente assicurate a scapito delle Pmi ulteriormente sotto assicurate. Per colmare il protection gap delle Pmi e raggiungere i livelli medi degli altri Paesi europei, i premi in Italia dovrebbero almeno raddoppiare aprendo di fatto a grandi sfide e opportunità di innovazione ed evoluzione per le compagnie e le reti distributive.

Per comprendere le ragioni della sottoassicurazione del segmento Pmi in Italia è necessario osservare le dinamiche nella gestione dei rischi e alcune specificità del contesto:

• Preponderanza di micro-imprese: circa l’80% dei 6 milioni di imprese italiane hanno meno di 10 dipendenti. Imprese di pic-cole dimensioni hanno poche (e molto spesso nessuna) risorse specializzate in ambito risk management e di conseguenza una minore consapevolezza dei rischi operativi, con imprenditori più concentrati sul business e sugli aspetti finanziari

• Offerta assicurativa carente: il mercato assicurativo, che raccoglie solo informazioni minimali sulla Pmi, è in grado di offrire a questo segmento quasi esclusivamente prodotti standardizzati, caratterizzati da coperture in genere inadeguate per ampiezza e profondità e poco personalizzabili sulla base delle specifiche esigenze del cliente. Questa tipologia di offerta assicurativa appare agli occhi delle Pmi più come vincolo che come reale opportunità di trasferimento di parte del rischio all’esterno. Risk assessment oneroso e time-consuming: gli intermediari che tipicamente interloquiscono con le Pmi non hanno in molti casi e le competenze necessarie per svolgere un assessment completo dei rischi e comunque non ne avrebbero la convenienza economica vista la limitata capacità di spesa da parte delle Pmi stesse. Il contesto analiz-zato mette dunque in luce tutti i limiti attuali e suggerisce le condizioni necessarie per evolvere l’approccio del segmento Pmi all’assicurazione. Le compagnie possono soddisfare questi bisogni latenti integrando nell’offerta servizi a valore aggiunto che consentano agli imprenditori di:

1. Acquisire consapevolezza dei rischi a cui sono esposti (per esempio, rischi cyber, eventi catastrofali, interruzione dell’attività)

2. Utilizzare strumenti innovativi per una migliore gestione dei rischi: dall’assessment, mitigazione e monitoraggio, fino al trasferimento alla compagnia del rischio residuo

3. Governare in modo integrato i rischi e le azioni correttive poste in essere.

UN APPROCCIO DATA-DRIVEN ALLA CONOSCENZA DELLE PMI

Per il segmento grandi e medie imprese, ormai da anni le compagnie hanno seguito un processo evolutivo dal ruolo di venditori di polizze assicurative standardizzate a un ruolo di sottoscrittori sofisticati e consulenti di rischio, valorizzando le attività volte all’identificazione e mappatura dei rischi per arrivare a definire soluzioni sempre più personalizzate, in-tegrate e complete. Approccio professionale tailor made che impegna ingenti risorse.

Per le Pmi questa evoluzione, seppur desiderabile, finora ha stentato a decollare per i motivi sopra descritti. La vendita assicurativa alle Pmi avviene principalmente attraverso broker e agenti che conoscono e presidiano il cliente. Il segmento è quindi caratterizzato da una forte relazione personale e di fiducia con agenti e broker, che spesso rappresentano per la piccola impresa anche l’unico interlocutore per le proprie esigenze operative in ambito di valutazione rischi e protection.

Del resto, culturalmente in Italia l’assicurazione non si compra, si vende! Questa peculiarità, che oggi costituisce un li-mite, può divenire in prospettiva un volano di crescita per le compagnie e gli intermediari che supportati adeguatamente con strumenti evoluti di valutazione dei rischi, possono assumere un ruolo decisivo nel guidare le imprese nella copertura del protection gap. In questo scenario la raccolta automatizzata delle informa-zioni e la conoscenza «data driven» delle Pmi possono gioca-re un ruolo cruciale proprio per consentire alle compagnie di offrire prodotti e servizi personalizzati e coperture più ampie e profonde rispetto agli attuali prodotti standardizzati. In che modo la tecnologia e i dati, opportunamente affiancati all’evoluzione di competenze e di approccio da parte delle reti, possono rappresentare il game changer in questo processo di evoluzione e trasformazione? Sempre di più negli ultimi anni l’utilizzo di dati e informazioni integra-te sapientemente nei processi con le giuste competenze di business e analytics consente di costruire servizi ad alto valore aggiunto per lo sviluppo del mercato assicurativo, abilitando l’offerta di prodotti sempre più custom rispetto alle esigenze dei clienti. La raccolta di informazioni sulle attività svolte dalla Pmi e sul tipo di rischio consentono una gestione efficiente di tutta la value chain: dalla definizione del prodotto, con l’offerta di servizi accessori di monitoraggio, mitigazione e prevenzione, fino alla gestione del portafoglio, per quantificare rapidamente gli impatti di un fenomeno sul complesso dei rischi assunti. Solo per citare un esempio, purtroppo ancora attuale, gli impatti della congiuntura Covid-19 modellizzati a livello di singola impresa e in modo aggregato su territorio e i micro settori di attività risultano estremamente predittivi anche in ambito assicurativo e possono supportare scelte data driven delle compagnie, dalla new customer acquisition fino alla gestione sinistri (Osservatorio Crif Pulse). Per sviluppare il segmento Pmi in modo sostenibile diventa quindi cruciale evolvere la fase di on-boarding facendo leva sulla digitalizzazione dei processi e sulla tecnologia, per rendere profittevole la raccolta delle informazioni e proporre prodotti coerenti con i rischi e i bisogni a un prezzo adeguato.

L’evoluzione dell’on-boar-ding e underwriting, abilitata dalla tecnologia, ha l’ambi-zione di essere win-win per tutti gli stakeholders e pone le basi per un rapporto duraturo, reciprocamente proficuo e sostenibile per le imprese, per le compagnie e per il settore finanziario/banca-rio, considerando l’impatto che un approccio di questo tipo avrebbe nel migliorare la resilienza delle imprese agli eventi accidentali, soprattutto se a elevato impatto sui bilanci.

In quest’ottica, poiché il profilo di rischio di una Pmi può variare molto in base alle caratteristiche esterne all’impresa (collocazione geografica, mercato di riferimento, contesto politico ecc.) e interne (assetto societario, profilo dei soci, certificazioni ecc.), l’on-boarding e l’elaborazione delle variabili devono adattarsi dinamicamente in base al tipo di azienda oggetto di analisi per garantire la massima valorizzazione dei dati raccolti e la copertura di tutte le informazioni necessarie alla valutazione del rischio.

Il white paper «Dal “brick” al “tech” underwriting nelle Pmi: limiti attuali e prospettive future nella raccolta delle informazioni», elaborato in seno a Iia da un pool di compagnie e operatori specializzati tra cui Crif ha dimostra to che, grazie all’utilizzo sapiente di informazioni raccolte digitalmente e di analytics basati su tecniche di scraping e text mining, l’on-boarding data driven consente alle compagnie il raggiungimento di tre obiettivi:

Semplificazione

Perché l’acquisizione delle informazioni in formato digitale semplifica e velocizza la gestione dei dati senza perdere il valore informativo e abilita il monitoraggio e l’aggiornamento nelle occasioni successive.

Dinamicità

Perché le informazioni necessarie per valutare il rischio in fase assuntiva variano molto in base all’appar-tenenza dell’impresa a determinati cluster: tipo di attività svolta dalla Pmi, area geografica, struttura dei costi e molti altri fattori. Attraverso tecniche di machine learning si possono definire algoritmi di on-boar-ding per la raccolta delle sole informazioni necessarie al pri-cing e underwriting per la specifica azienda, contenendo costi e tempi di acquisizione.

• Automazione

Perché la raccolta automatizzata delle informazioni disponibili, opportunamente combinata con l’uso di score e algoritmi, semplifica l’on-boarding e abilita l’offerta di coperture adeguate. Riassumendo, in un contesto di elevata eterogeneità, frammentazione e continua evoluzione dei rischi, l’approvvigionamento di dati da fonti certificate e alternative, insieme all’utilizzo delle opportune tecnologie di data evaluation & analysis, delinea uno scenario nuovo per la valutazione dei rischi Pmi che affianchi una tariffa dinamica e data driven alla valutazione del sotto-scrittore «experience-driven» consentendo così, anche per questo segmento, l’offerta di coperture più ampie e personalizzate.

Fattore critico di successo verso l’automazione dell’on-boarding Pmi è l’equilibrio tra tecnologia e interazione umana per la verifica, affinamento e arricchimento delle informazioni raccolte.

Emergono quindi alcune con-siderazioni che tracciano un percorso di evoluzione e digitalizzazione a beneficio di tutti gli stakeholders: imprese, compagnie e consulenti di rischio.

Impronta digitale di rischio della Pmi

Alcune informazioni della Pmi sono comuni a tutti i ri-schi e presenti in tutti i questionari di on-boarding; attualmente ogni impresa deve fornire i propri dati più volte e le compagnie gestiscono gli stessi dati in diversi silos verticali per tipo di rischio. Raccogliere tutte le informazioni in un punto centrale consentirebbe alla compagnia di avere un’unica impronta digitale della Pmi e di otte-nere benefici «cross» nella valutazione della Pmi stessa per tutti i tipi di rischi, con grandi benefici in termini di efficienza per l’intera filiera.

• Condivisione delle informazioni necessarie nella valutazione del rischio

Molte delle informazioni necessarie alla valutazione del rischio sono già digitalizzate, ma non sono facilmente disponibili alle compagnie. È auspicabile una crescente con-divisione dei dati tra gli attori che inseriti a vario titolo nella value chain assicurativa (per esempio, periti, società di riparazione, enti previdenziali) o nel network della Pmi (enti certificatori, vigili del fuoco, Inail ecc.) detengono informazioni utili alla valutazione della rischiosità di una impresa. La disponibilità delle informazioni per la valutazione del rischio delle Pmi garantirebbe un miglioramento in termini di efficienza e una riduzione del protection gap a beneficio di tutto il sistema.

RISK ASSESSMENT DIGITALE PER UN CAMBIO DI PARADIGMA

Rispetto all’attuale utilizzo di questionari al servizio esclusivo della compagnia con la mera funzione di supporto alla selezione del rischio, l’utilizzo di un risk assessment digitale da condividere con la Pmi può rappresentare un cambio di paradigma, divenendo parte della value proposition assicurativa a supporto dell’evoluzione dell’intermediario da venditore di polizze standard in consulente di risk management per le piccole e medie imprese. Un risk assessment digitale, dinamico e automatizzato può infatti fornire agli intermediari specializzati uno strumento che supporti il dialogo con le Pmi al fine di:

• Comprendere meglio le esigenze di gestione dei rischi dell’impresa.

• Sviluppare maggiore consapevolezza nell’imprenditore rispetto all’esposizione al rischio della sua attività.

• Aiutare l’imprenditore a ottenere la migliore protezione possibile per la sua azienda al miglior «costo complessivo del rischio», da suddividere fra sé stesso e l’assicuratore.


In definitiva le compagnie hanno l’opportunità di evolvere il proprio modello di business e non essere più solo pagatori nella fase post-sinistro, ma soprattutto partner delle Pmi nella gestione del rischio offrendo prodotti e servizi a valore aggiunto in tutte le fasi: identificazione, monitoraggio, prevenzione e trasferimento.

A cura di Giuseppe Dosi head of insurance market – Crif Italy, e Elisabetta Di Luca principal offering development insurance market – Crif Italy

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