Coface: la fotografia sui pagamenti delle imprese turche

Studio 2019 sui pagamenti in Turchia: migliora la fotografia dei ritardi ma le imprese sono ancora caute sulle prospettive economiche.
Dopo la recessione del secondo semestre 2018, il settore privato resta cauto

Il peggioramento della liquidità delle imprese turche ha subito un rallentamento, infatti sono sempre meno le imprese che risentono di problemi di pagamento nel Paese. Nel 2019, il ritardo medio di pagamento concesso dalle imprese turche ai propri clienti, ha raggiunto circa gli 85 giorni sul mercato domestico e 69 giorni sui mercati d’esportazione (contro i 108 giorni nel 2017).
A livello internazionale i ritardi di pagamento restano lunghi. Le imprese stanno gradualmente modificando i termini di fatturazione ai clienti. In Turchia, solo il 40% delle imprese richiede ai propri clienti all’esportazione che i pagamenti siano effettuati entro 60 giorni. Un ratio basso che nel mercato interno ha raggiunto il 33%.
La mancanza di liquidità dei clienti nazionali e la concorrenza sui mercati d’esportazione sono tra i principali fattori chiave che spingono le imprese a vendere a termine. Malgrado un recente miglioramento, il credito rimane un problema per le imprese turche.

Quanto alle previsioni future sull’esperienza di pagamento, le imprese sembrano avere un punto di vista prudente. Il 46% delle imprese intervistate si aspetta un prolungamento dei ritardi di pagamento sul mercato domestico nel 2020, mentre il 45% prospetta ritardi più lunghi sul mercato all’esportazione. Questi ratio sono comunque molto vicini per coloro che prevedono una situazione stabile dei ritardi di pagamento sul mercato interno (45 %) e all’esportazione (44 %).

Le imprese restano caute sulle prospettive economiche, soprattutto nei settori della carta, della farmaceutica, dei metalli e delle costruzioni

Negli ultimi due anni, i ritardi di pagamento delle imprese turche sono diminuiti: in media 41 giorni sul mercato domestico e 58 giorni per le vendite all’ esportazione. Nel caso in cui non si riescono ad incassare i crediti sul mercato interno, il 40% delle imprese copre la perdita con risorse proprie mentre il 28% si orienta verso prestiti bancari. Più di un terzo delle imprese (37%) chiede ai propri clienti un acconto. Per le imprese turche, il ricorso all’ assicurazione dei crediti non è un processo automatico, malgrado la sua importanza sia ben conosciuta dalla maggioranza (62%). Solamente il 26% utilizza la copertura crediti come prevenzione del mancato pagamento da parte dei propri clienti.
Malgrado la recente ripresa dell’attività economica, numerose imprese (44%) prevedono un nuovo peggioramento delle condizioni economiche nel 2020. La carta, i prodotti farmaceutici, i metalli e le costruzioni sono tra i settori più colpiti. Le condizioni più difficili di accesso ai finanziamenti e la riduzione della domanda interna sono tra i fattori che pesano sulla capacità di pagamento delle imprese. Nonostante queste sfide, la volontà di nuovi investimenti nel 2020 rimane elevata per alcuni settori come l’industria farmaceutica e agroalimentare. Quanto alle esportazioni, le imprese del settore automobilistico sembrano relativamente più caute, con circa il 20% che dichiara un calo delle aspettative sulle entrate all’esportazione per il 2020, superiore alla media dello studio del 9%.

“Ancora una volta, la Turchia prospetta una situazione complessa ma, allo stesso tempo, molto interessante”, sottolinea Ernesto De Martinis, CEO di Coface in Italia e Head of Strategy Regione Mediterraneo & Africa. “Al miglioramento dei ritardi di pagamento domestici si contrappongono, infatti, termini di pagamento prolungati nell’ambito internazionale, con conseguenti problemi di liquidità. Mentre ci si attende una certa stabilità nei ritardi di pagamento, inoltre, le imprese dimostrano allo stesso tempo scarsa positività sul contesto macro-economico dei prossimi mesi – sia a livello interno sia a livello di commercio estero – con pochi settori che potrebbero emergere grazie a nuovi, possibili investimenti, come l’agro-alimentare ed il farmaceutico.” conclude De Martinis.

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